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Ginnasio romano Siracusa |
Con un ginnasio (e anzi talvolta addirittura con il Timoleonteion) è
stato erroneamente identificato un edifìcio di età romana il più
importante di Acradina che sia ancora conservato. Vi si giunge da
piazzale Marconi, seguendo il primo tratto della via Elorina, che
conserva ancor oggi il nome e il percorso dell'antichissima via che
collegava Siracusa a Eloro. Gli scavi, mai completati, furono realizzati
tra il 1864 e il 1865.
Si entra nel monumento dall'angolo sud, che
dava accesso a un quadriportico 'di circa 60x50 m. Il portico è
notevolmente sopraelevato rispetto al piano del cortile (1,80 m), e vi
si accedeva tramite una scala (n). Esso è conservato in altezza solo sui
lati nord ed est: l'ingresso principale doveva aprirsi su quest'ultimo
lato, come è dimostrato dalla scoperta, a una certa distanza, di un
frontone di marmo. All'esterno del portico nord, tra questo e un grande
muro di blocchi parallelo, correva una strada, larga 8,74 m: si tratta
certamente di un asse importante, nel quale si deve forse identificare
la via Elorina. Le colonne di questo tratto del portico erano doriche, e
di calcare: si tratta certamente di un settore appartenente a una fase
più antica rispetto al resto dell'edifìcio. Questo consiste
essenzialmente di un piccolo tempio su podio di tipo italico (17,5x17,5
m), al quale si accedeva da due scalette laterali (una delle quali è
conservata) ed entro il quale è ricavato un ambiente coperto a volta,
con un pozzo. Si conservano molti elementi architettonici dell'alzato,
che probabilmente era di ordine corinzio. La tecnica e lo stile di
questi elementi architettonici permettono di attribuire l'edifìcio alla
metà del I sec. d. C.
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Alle spalle del tempio è una piccola cavea teatrale, del diametro di
18,90 m, in origine rivestita di marmo. Davanti al tempio, sull'asse, è
un basamento quadrato, forse dell'altare, e ancora più avanti un altro
pozzo. Tutta l'area è attualmente invasa dalle acque, poiché il suo
livello è oggi al di sotto del livello del mare, cresciuto rispetto
all'antichità. Lungo il lato est si vedono ancora tre basamenti di
statue, e altri ne dovevano esistere sotto i portici: sono state infatti
rinvenute numerose statue di età romana, per lo più di personaggi
maschili togati, e un ritratto femminile di età tardoflavia, che
costituisce un'ulteriore conferma della datazione dell'edifìcio nella
sua ultima fase. Tra i frammenti di iscrizioni rinvenuti nell'area, uno
almeno appartiene a un magistrato romano (CLL, X 7128).
Le
caratteristiche dell'edifìcio (la forma del tempio, simile all'Iseion di
Pompei, la presenza di un teatro, la sopraelevazione dei portici,
tipica dei culti misterici) rendono probabile la sua identificazione con
un santuario dei culti orientali, abbastanza importante e ufficiale,
tuttavia; perché potessero esservi collocate statue di cittadini romani
di un certo livello e addirittura di magistrati. La scoperta, a breve
distanza, di una iscrizione con dedica a Serapide_ permette di
riconoscere con notevole probabilità il culto preciso cui apparteneva il
complesso: sappiamo da Cicerone che il santuario_di Serapide a Siracusa
era in un luogo centrale e frequentatissimo (ciò che si addice a questo
cosiddetto « ginnasio », a soli 200 m circa dal Foro) e che davanti al
tempio, nel vestibolo che lo precedeva, erano state innalzate statue di
Verre, in seguito abbattute (Verrine, II 2, 160). Dunque che Serapeo era
uso erigere statue di magistrati romani, il che conferma
l'identificazione proposta. Una dedica di età repubblicana, scoperta a
Siracusa, menziona un cittadino romano di nome Papinio, flamine di
Serapide e di Iside, che aveva restaurato a sue spese un edifìcio, nel
quale si deve riconoscere probabilmente lo stesso Serapeo. Questo
medesimo personaggio è ricordato da Cicerone tra le vittime di Verre,
che gli aveva sottratto l'emblema argenteo di un turibolo. Cicerone
ricorda che si trattava di un cavaliere romano particolarmente facoltoso
(Verrine, II 4, 46). Inesistenza di un Serapeo in età repubblicana,
testimoniata da fonti letterarie e iscrizioni, corrisponde bene con i
resti della prima fase dell'edifìcio, che potrebbero ancora appartenere
agli anni finali del II sec. a. C.
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Scoperto nel 1864 da Francesco Saverio Cavallari nelle terre Bufardeci,
tra la spiaggia del Porto Grande ed il sito chiamato i tre Montoni, fu
detto erronemente Bagno Bufardeci o Bagno di Venere o Bagno di Diana. Si
vuole che questo monumento era .stato eretto dai Romani sullo stesso
luogo del cosiddetto ginnasio Timoleonteo. Nel 1865 Schubring dava una
prima descrizione dell'edificio, il cui ingresso principale doveva
essere S.S.E. e a fianco di esso, sul lato N.N.E., esisteva un muro che
parallelo a quello dell'edificio racchiudeva una strada che, forse, si
dirigeva da un lato verso il Foro Siracusano e dall'altro contornava la
parte bassa della Nea-polis. Per la posizione esterna della strada e per
la sua larghezza si supponeva che fosse la via Elorina, che univa
Siracusa ed Eloro.
Oggi si entra dall'angolo S., seguendo il lato
orientale del quadriportico, al centro del lato doveva trovarsi un
propileo d'ingresso non più conservato. Il quadriportico,
originariamente a colonne verso l'interno, corre alquanto sopraelevato
rispetto al piazzale interno. Dei lati S.O. e S.E. si conservano solo
tracce delle fondazioni dei muri; meglio conservato è il lato N.E. con
scaletta scendente al piazzale. Inoltre si notano un tempio periptero
con accanto un'esedra con scalini, un altare marmoreo e il teatro che
occupa il lato N.O. del quadriportico.
Dell'esedra, che è la cavea
del teatro, si conservano solo i gradini inferiori, con sedili
notevolmente rialzati rispetto alle pedane retrostanti. L'orchestra è
costantemente sotto il livello dell'acqua. Il palcoscenico, o pulpitum, a
nicchie frontali, aderiva alla fronte O. del tempio, la quale
costituiva il progetto architettonico della scena. Il complesso
monumentale risale alla seconda metà del sec. I d.C. e da esso
provengono diverse statue marmoree di personaggi togati, fra cui una
femminile dell'età Flavia, oggi conservate al Museo Archeologico Paolo
Orsi, di Siracusa.
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