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Palazzo Chiaramonte-Steri Palermo |
Il Palazzo Chiaramonte (detto anche Steri, da Hosterium, palazzo fortificato), si trova in Piazza Marina a Palermo.
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Storia |
Iniziato nei primi anni del XIV secolo, fu la grande dimora di Manfredi Chiaramonte, conte dell'immenso e potente feudo di Modica (detto " Regnum in Regno" per i suoi privilegi), alla cui committenza si deve il soffitto della Sala Magna. Dagli inizi del XV secolo al 1517 fu residenza dei Viceré spagnoli, poi sede della Regia Dogana e, dal 1600 al 1782, ospitò il tribunale dell'Inquisizione. Restaurato negli anni cinquanta dall'architetto Carlo Scarpa e da altri architetti palermitani, è oggi[quando?] sede del Rettorato dell'Università di Palermo.
Il restauro novecentesco fu assai contestato. Il primo responsabile dei lavori, l'architetto Giuseppe Spatrisano,
lasciò l'incarico in polemica con altri professionisti palermitani, per
la loro decisione di eliminare alcuni tra i segni fondamentali della
storia del Palazzo, come la Scala dei Baroni, l'antico orologio, la
piattaforma dei condannati, le gabbie interne, e tutto ciò che in
qualche potesse ricordare i suoi orribili trascorsi, legati
all'Inquisizione.
Di pianta quadrata e massiccia volumetria, il palazzo segna il
passaggio fra il castello medievale e il palazzo patrizio. La rigorosa
cortina muraria esterna è impreziosita da bifore e trifore con tarsie in
pietra lavica. Studiosi, durante gli attuali restauri, hanno
individuato anche un passaggio segreto che dalle celle conduceva
direttamente alla Stanza dell'Inquisitore.
Un'altra scoperta significativa riguarda l'esistenza di un edificio
monumentale sotterraneo di sette metri di lunghezza con una imponente
copertura con volte a crociera, marcate da massicce costolature.
L'edificazione di questa struttura si pone nel primo quarto del XIV
secolo e all'interno sono stati recuperati reperti e graffiti
addirittura precedenti di tre secoli.
Durante il restauro della facciata inoltre sono venuti alla luce i
solchi lasciati dalle pesanti gabbie appese dove vennero esposte le
teste dei baroni che si ribellarono a re Carlo V.
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La Sala Magna |
La Sala Magna, detta anche dei Baroni, risplende dei dipinti del soffitto ligneo eseguito fra il 1377 e il 1380, realizzato da Cecco di Naro, Simone da Corleone e Pellegrino Darena da Palermo.
Nelle rappresentazioni vanno rilevate le tracce di quel vastissimo
repertorio figurativo che, per i temi moralistici e didascalici, rivela
un’immagine fedele della società isolana del Trecento. Fra i tanti temi
trattati, i tornei cavallereschi, l’esaltazione della donna e la
rivisitazione del passato nel suo momento di massima esaltazione epica e
romanzesca: un repertorio d’immagini e di motivi decorativi.
« che, se da un lato affonda le radici nella tradizione dei grandi soffitti lignei siciliani, dalla Palatina a Cefalù,
dall’altro presuppone la conoscenza dei più tardi soffitti islamici
della costa magrebina e pari tempo degli “artesonados” spagnoli, nella
loro accezione figurativa iberico-provenzale che ricorda elementi
felicemente desunti dalla miniatura »
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Il polo museale |
Nelle prigioni dello Steri, rimangono preziosi graffiti dei
carcerati, testimonianza unica delle sofferenze patite sotto quella
istituzione dell'Ancien Régime.
All'interno del complesso è nato un polo museale. Una scelta legata
anche alle recenti sorprese. In tre delle celle al piano terra, che
ospitavano le recluse, sono infatti venuti alla luce nuovi graffiti
completamente sconosciuti: disegni di figure umane e invocazioni delle
prigioniere accusate di stregoneria.
Sulla natura e sugli scopi del polo museale è in atto un dibattito,
tra chi vorrebbe dedicarlo all'Inquisizione, e chi, invece, vorrebbe
fare dello Steri un Museo della Shoah siciliana, che in seguito
all'editto di Ferdinando e Isabella di Castiglia (1492) provocò, tra gli
ebrei isolani, migliaia di morti (uccisi dall'Inquisizione e in
numerosi pogrom) e l'esodo di decine di migliaia di persone.
Messaggi e graffiti oggi rivivono grazie al lavoro di un gruppo di ricercatori dell'Ufficio
tecnico dell'Università di Palermo guidati dall'ingegnere Antonino
Catalano.
I graffiti sono venuti fuori, sotto l'intonaco, nel corso dei lavori
di restauro dell'intero complesso, finanziati con fondi europei. Oltre
alla scritta in dialetto è affiorato pure parte di un dipinto che
raffigura la prua di una nave e un inquisitore con il campanaccio in
mano. Tra i graffiti, resistono anche alcune tra le pochissime
testimonianze della presenza ebraica nell'Isola.
All'interno del palazzo è anche custodito il celebre dipinto di Renato Guttuso la Vucciria.
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Mappa interattiva
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